giovedì 29 luglio 2010

NOGHEPUTOST

La tempistica talvolta difetta di di tempismo. Questo almeno col senno di poi.

Incroci che non trovano il punto di intersezione,se non nel momento peggiore. E a quel punto lo scontro frontale diventa inevitabile, e spesso fa male. A meno che le nostre terminazione nervose non siano già state lacerate dai morsi dei cani randagi, che di notte e di giorno si aggirano per le afose metropoli. I messaggeri del dolore a quel punto potrebbero già stare riversi sull'asfalto in via di decomposizione, mentre quelli armati di arco e frecce a rilassarsi ad un torneo di Roving nell'Italia settentrionale. E di noi non rimarrebbe che l'airbag, giusto per non frantumarsi completamente la calotta.

Il fatto però che questo airbag rimanga aperto per tutte e 24 le ore dovrebbe destare qualche sospetto tra i più arguti. "Mmm non ricordo di essere nato in un pallone, voglio dire, potrebbe ricordare il caro vecchio amato utero, ma pensavo andasse di moda all'inizio degli anni '80, almeno per quel che mi riguarda."

Diciamo quindi che la violenza dell'impatto dipende almeno in parte dalla nostra abilità di renderci invisibili ai cani randagi, abili di bocca e di naso. Questo chiaramente risulta più facile in situazioni campestri, dove i nostri sensi risultano sicuramente più sviluppati e attenti, i nostri cervelli più svegli e consci, e i nostri cuori bocconi troppo grandi per il branco, e di un agrodolce sicuramente a loro poco gradevole. In campagna inoltre sono rari i vicoli ciechi, che in città, come tanta cinematografia ci ha insegnato, rischiano di trasformarsi in set in cui noi rivestiamo la parte del ciuco (Ciprì e Maresco docent). Quello che cerchiamo rasenta l'autolesionismo, come bachi proviamo ad uscire dal nostro bozzolo con tutte le forze, perchè talvolta putost d'en tost (piuttosto di un toast in dialetto trentino), è meglio un calcio in bocca. ("Mmm l'altra volta, quand'ero uscito dall'utero, mi avevano accolto le mani di una bionda infermiera. No, non dev'essere un utero questo.")